Psicologia e I.T.

Perché una sezione dedicata alla Psicologia?

Spesso mi è capitato di sentirmi dire, essendo laureato in Psicologia e, al contempo, insegnante di Laboratorio di Tecnologie Informatiche, "ma che c'entra la Psicologia con l'Informatica"?

All'inizio cercavo di dare delle spiegazioni ma poi, crescendo, mi son detto "mica è un problema mio?", cioé se non riesci ad intuire quali molteplici aspetti psicologici siano coinvolti nel mondo dell'Informatica e viceversa non sta a me dover dare una risposta.

Probabilmente, se ho deciso di inserire una sezione apposita vorrà dire che forse una risposta, seppur non esaustiva, intendo darla, ovviamente non una risposta definitiva anzi, consideriamola una risposta-stimolo ad ulteriori infinite e probabili domande.

In che modo la tecnologia sta cambiando la psicologia?

Prendo in prestito un titolo e relative risposte da un sito di qualcuno che ha saputo rispobdere saggiamente, ovviamente non sarà una risposta esaustiva ma è già, comunque un inizio...

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Tecnologia e psicologia sono sempre andate a braccetto. Infatti, nelle diverse specializzazioni della psicologia si affronta anche lo studio di queste tematiche. Se diamo uno sguardo alla storia della psicologia e la tecnologia scopriremo che molti psicologi, psichiatri e neurologi hanno inventato i propri dispositivi in ​​base ai progressi tecnologici del loro tempo.

Nel XVIII secolo, per esempio, Franz Mesmer, un medico austriaco, usò i magneti per cercare di alleviare i disturbi mentali. Creò allora la sua famosa “vasca della salute”, un recipiente di legno in cui due file di bottiglie piene d’acqua magnetizzata scorrevano verso una barra d’acciaio munita di punte conduttive mobili. Il paziente applicava una di queste punte alla parte dolorante. Usava anche far sedere le persone tenendosi per mano intorno a questa vasca per trasmettere il magnetismo da uno all’altro.

Tuttavia, fu solo nel XIX secolo quando nella Psicologia si scatenò la passione per i dispositivi tecnologici, principalmente quelli utilizzati per per la misurazione e limitati all’uso in laboratorio. Tale è il caso del pletismografo, che potrebbe essere considerato il precursore della TAC e misurava le variazioni del volume cerebrale nelle persone con lesioni craneali.

Sempre in questo periodo fece la sua apparizione il chimografo, il precursore della macchina della verità (poligrafo), che venne introdotta nei primi decenni del XX secolo, e ancora oggi usata per misurare le variazioni dei parametri fisiologici quando la persona è esposta a determinati stimoli.

Ora la Psicologia si trova ad affrontare le nuove sfide poste dalla tecnologia digitale, il progresso di Internet e la telefonia mobile, nonché l’uso della Realtà Virtuale e la Realtà Aumentata, i nuovi orizzonti che stanno cambiando non solo il modo di comunicare, ma anche di percepire il mondo e di vivere.

Tecnologia e psicologia: I test computerizzati sono diventati la norma

Un tempo i test psicologici si eseguivano a mano, con carta e penna. Lo psicologo si sedeva davanti alla persona e applicava le varie prove. Ma ora molti di quei test si realizzano a computer o direttamente sul cellulare. In questo modo si risparmia tempo e molte persone riferiscono di sentirsi meno nervose in quanto la presenza dello psicologo le metteva a disagio.

Nel campo della ricerca la possibilità di eseguire test a distanza apre nuovi orizzonti, dato che così è possibile raccogliere più dati in minor tempo. Infatti, molti degli studi più importanti che coinvolgono migliaia di partecipanti, sono realizzati a partire da sondaggi online che le persone possono compilare in qualsiasi parte del mondo si trovino.

Ovviamente, questo nuovo modo di raccolta delle informazioni implica anche che lo psicologo non può offrire aiuto e vedere come la persona reagisce. In questo modo i test non analizzano il potenziale, ma si concentrano nel fornire un quadro, più o meno certo, del presente. Pertanto, è essenziale formulare correttamente le domande, strutturare bene l’intervista e scegliere lo strumento online più adatto per creare il questionario. Così si riduce il rischio che le persone abbandonino l’intervista a metà o si raccolgano informazioni molto più difficili da analizzare.

Il “Big Data” imprime una spinta ai nuovi rami della Psicologia

Prima ogni scienza seguiva il suo percorso, i risultati delle ricerche non trascendevano quel campo. Ma oggi, con il Big Data, il vasto oceano di dati prodotti da ciascuno di questi studi può facilmente essere immagazzinato in modo tale che sia possibile accedere a enormi database in cui si può analizzare e incrociare diverse variabili comportamentali.

Questa possibilità, inesistente fino ad ora, ha permesso lo sviluppo di discipline come la neuroeconomia e il neuromarketing. Infatti, apre la strada alla realizzazione di meta-analisi più complete in cui è possibile accedere a una quantità enorme di dati che offrono conclusioni più vicine alla realtà, a partire dall’analisi del comportamento di centinaia di migliaia di persone. In questo modo è anche possibile capire meglio come reagiscono e in quali circostanze al fine di progettare trattamenti più adeguati.

Le terapie si possono offrire in internet

Non è più necessario recarsi fisicamente dallo psicologo, basta avere una connessione a Internet e si può ricevere la terapia comodamente a casa. Quando il caso non è molto grave, molti psicologi offrono la possibilità di realizzare alcune sessioni online o addirittura l’intero trattamento. Così cadono le barriere geografiche e le persone che hanno difficoltà a muoversi non devono rinunciare al trattamento.

Questa nuova forma di fare terapia favorisce anche quelle persone che avevano paura di farsi vedere entrare nell’ambulatorio di uno psicologo, dato che ci sono ancora molti stereotipi al rispetto. Inoltre, esistono programmi online nei quali le persone possono mantenere l’anonimato e chiarire i loro dubbi o ricevere orientamento.

Ovviamente, le consulenze online hanno anche degli svantaggi. Per esempio, lo psicologo avrà difficoltà a leggere il linguaggio extraverbale e potrebbe quindi trascurare dettagli significativi. Nelle sessioni psicologiche online è possibile acquisire indizi visuali, ma ci sono dei limiti, non è possibile vedere tanti segnali emotivi come in un incontro faccia a faccia.

È anche più difficile stabilire il rapporto necessario per la terapia e fare sentire la persona a proprio agio e appoggiata. Ma ciò nonostante, una meta-analisi pubblicata recentemente ha rivelato che la terapia online può essere efficace tanto quanto la terapia tradizionale per il trattamento di disturbi depressivi, ansia e fobie.

Curarsi nel mondo della realtà virtuale per guarire nella vita reale

La realtà virtuale sta rapidamente guadagnando terreno nelle terapie psicologiche, in particolare nel trattamento di disturbi come ansia, fobie e stress post-traumatico, dove ha già dimostrato la sua efficacia. Infatti, una meta-analisi che includeva 13 studi nei quali si comparava l’uso della realtà virtuale con la terapia tradizionale e che comprendeva quasi 400 pazienti, concluse che questo strumento non solo è più efficace, ma i risultati si mantengono più a lungo nel tempo.

La chiave sta nel fatto che la realtà virtuale approfitta della nostra paura e confusione, uno stato che innesca una forte risposta emotiva che cambia il funzionamento del nostro cervello, impedendoci di rilevare quei piccoli dettagli che indicherebbero che non siamo in un ambiente reale. Tutto questo avviene in soli 12 o 15 millisecondi e, anche se la situazione che la persona vive in un ambiente virtuale non è reale, vengono attivati gli stessi meccanismi fisiologici e psicologici, in modo tale da poter correggere la risposta inadeguata con un’efficacia straordinaria.

Inoltre, la realtà virtuale ha un tasso d’accettazione più elevato rispetto alla desensibilizzazione sistematica e l’esposizione in vivo, dal momento che circa il 27% delle persone si rifiutano di sottoporsi alle tecniche tradizionali, semplicemente perché hanno troppa paura. Al contrario, solo il 3% delle persone si rifiutano di usare la realtà virtuale, perché sanno che possono affrontare le loro paure in un ambiente terapeutico sicuro e controllato in cui possono decidere quando fermarsi.

Inoltre, la maggior parte dei sistemi moderni di realtà virtuale consentono allo psicologo di controllare in ogni istante l’esposizione alla terapia, adattando l’esperienza al livello di ogni paziente. È anche possibile monitorare le costanti fisiologiche della persona per conoscere esattamente il livello d’ansia e fare in modo che non aumenti eccessivamente.

Racconteresti i tuoi problemi a un robot?

Tuttavia, i cambiamenti già in atto non sono i più interessanti, ma quelli che verranno in futuro. In questo preciso momento, il 6% delle applicazioni per smartphone nel settore sanitario si concentrano sulla salute mentale. Molti di queste hanno la pretesa di trasformarsi in un “coach digitale” che offre alla persona l’orientamento necessario per affrontare il suo disturbo o migliorare alcune aree della sua vita.

Infine, gli ingegneri sono già al lavoro in un nuovo campo chiamato “affective computing” per fare in modo che le macchine imparino a cogliere i nostri stati emotivi e reagiscano di conseguenza. Quindi, forse, in futuro, potresti ritrovarti a raccontare i tuoi problemi a un robot.

Fonti:

Aboujaoude, E. et. Al. (2015) Telemental health: A status update. World Psychiatry; 14(2): 223–230.
Bouchard, S. et. Al. (2012) Description of a Treatment Manual for In Virtuo Exposure with Specific Phobia. Virtual Reality in Psychological, Medical and Pedagogical Applications; 82-108. Rijeka: InTech.
Powers, M. B. & Emmelkamp, P. M. G. (2008) Virtual reality exposure therapy for anxiety disorders: A meta-analysis. J Anxiety Disord; 22: 561-569.
Gil, T. et. Al. (1998) Una historia de la Psicología Moderna. Madrid: McGraw-Hill.